Lo chiamavano white chocolate, per via della marea di tatuaggi che ricoprono la sua carnagione bianca.
Adesso Jason Williams non si può permettere quel tipo di soprannome considerata l'età e la dose d'esperienza e maturità che lo divide, in maniera abissale, dal giocatore che dieci anni fa fu capace d'inventare l'elbow pass.
Approdato ai Kings ad inizio millennio, come molti del suo calibro inizia a stufare la tifoseria entro poche stagioni, considerato che Mike Bibby nel frattempo diviene un giocatore talmente solido che a Sacramento si permettono la sua cessione migliorando la competitività della squadra, che raggiunge l'apice quando il quintetto Kings può schierare una line-up quale Bibby-Christie-Stojakovic-Webber-Divac.
Spendendo maturazione nella mediocre Memphis il nostro Williams arriva a Miami nell'anno buono, che gi permette d'infilarsi l'anello al dito a coronamento di una carriera maggiormente dedita alle fancy stuff che ai risultati.
Di lui, ancora attivo, ci rimangono i ricordi di un'artista del parquet che come pochi ha saputo infiammare le platee di 29 palasport americani ( mediamente, nela sua carriera, la lega contava 29 squadre ).
Un giocoliere capace di attirarti per 5 minuti su YouTube senza pentirsene.